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Che il 2020 abbia cambiato radicalmente le nostre abitudini in termini di acquisti, ormai non è certamente una novità.
Anche il consumatore più scettico, messo di fronte alla prospettiva di poter avere la consegna della propria spesa a casa in tempi di pandemia ha abbandonato senza troppe remore le file al supermarket. E d’altro canto, mai come nel 2020 si è fatta così stringente per i brand la necessità di poter contare anche su un’immagine online aggiornata e ben curata, sia in termini di sito web che di canali social.
Essere presenti per il consumatore – non fisicamente, ma digitalmente – ha fatto spesso la differenza fra un cliente acquistato – e fidelizzato, nella maggior parte dei casi – e uno irrimediabilmente perduto.
Nonostante ciò, il 61% degli italiani resta ancora affezionato all’acquisto in un negozio fisico. Un numero che non deve stupire, perché l’esperienza di acquisto in negozio continua ad avere una forte presa sul consumatore. E questo non solo perché la scelta del prodotto avviene in presenza e in tempo reale, ma perché spesso viene indirizzata dagli operatori interni al negozio, dando maggiore fiducia e garanzia sull’acquisto.
Ma si può davvero parlare di due clienti differenti, uno esclusivamente propenso all’acquisto online e uno fedele a quello in negozio? Probabilmente no, o almeno non più.
Gran parte dei brand è passata da una strategia di vendita multichannel – un canale per ciascun tipo di consumatore, banalizzando – a una omnichannel, dove il consumatore è esattamente al centro dell’esperienza di acquisto, padrone delle proprie scelte.
Non è un caso, perché spesso lo stesso consumatore che acquista volentieri una maglietta online ricevendola a casa preferisce invece scegliere di persona gli ingredienti con cui preparare la cena. Non solo: sempre lo stesso consumatore potrebbe ad esempio acquistare volentieri un libro sullo store online della sua libreria preferita, ma con ritiro nel punto vendita più vicino.
Click&collect, si chiama in gergo: ed è una delle strategie che molti dei grandi brand di abbigliamento, sport, alimenti e bevande, hanno attivato proprio durante la pandemia, aumentando in modo considerevole le loro vendite.
Non c’è probabilmente nulla di più digitale dei servizi legati al mondo Telepass.
Telepass Pay e Telepass Pay X, le app sviluppate dall’azienda, racchiudono in sé una miriade di servizi diversi, che vanno dalla prenotazione del lavaggio auto a domicilio al pagamento della sosta, fino al servizio di sharing mobility o a alla prenotazione dei biglietti per il treno o il traghetto.
Perché allora scegliere di aprire una strada al negozio fisico, e farlo proprio in due grandi città italiane, Milano e Torino? La motivazione è nella volontà di intercettare il target in modi alternativi per favorire un’esperienza di acquisto più completa. Nei TStore infatti non solo si può acquistare e attivare il dispositivo Telepass, ma anche prenotare il WashOut per la propria auto, insieme a tutti i servizi disponibili nelle App Telepass Pay.
Insomma: il TStore è un’interfaccia fisica fra il cliente e il complesso mondo Telepass, per tutti i clienti presenti e futuri che abbiano voglia di avere maggiori informazioni, scoprire funzionalità che ancora non conoscono, o, semplicemente, farsi consigliare su un acquisto.
Inoltre, in questi mesi, si sta lavorando per l’apertura dei TPoint: punti su tutto il territorio nazionale (in prevalenza tabaccai, Eni Station e Centri Dekra) dove è possibile e sostituire il proprio Telepass.
Come cambia l’immagine di Telepass con uno store fisico e con la realizzazione dei TPoint?
Semplicemente, diventa più completa. Telepass passa dall’essere “quella del casello autostradale” a un’azienda dinamica, sostenibile e rivolta anche ai più giovani. Ma allo stesso tempo, mantiene un contatto con il territorio, apre nuove esperienze di incontro e di acquisto, si rende disponibile, identificabile, centrale. Per incontrare gli operatori Telepass non è più strettamente necessario prendere l’auto e recarsi fisicamente in un Punto Blu: si può attivare un servizio relativo alla mobilità semplicemente facendo una passeggiata in città.
Il multichannel è certamente una scelta strategica, e per due ragioni.
La prima è che lo store fisico dà, inevitabilmente, maggiore visibilità immediata al brand: ci si accorge della sua presenza sul territorio, attira la curiosità, dà al cliente un’impressione di immediata disponibilità di fronte alle sue richieste e ai suoi bisogni.
La seconda è che il brand stesso beneficia del feedback dei suoi clienti. Com’è l’utente-tipo che si serve di uno store fisico? Che tipo di necessità ha? Quali sono le sue richieste, i suoi dubbi? Di quali servizi potrebbe aver bisogno in futuro? Tutto indica al brand una prospettiva, delle nuove strade da seguire per identificare – e magari anticipare – nuovi bisogni o, molto più semplicemente, migliorare il suo modo di comunicare e intercettare il target.
In apertura abbiamo citato rapidamente il concetto di fidelizzazione. Una ricerca di Aberdeen Group dimostra infatti che i brand che sviluppano una strategia di omnicanalità mantengono l’89% dei propri clienti, con un tasso di fidelizzazione del 33% per le aziende con una strategia multichannel più debole. Il tutto, a riprova del fatto che rendere il cliente protagonista del suo acquisto e non un semplice “bersaglio” di marketing lo responsabilizza, certo, ma soprattutto crea un valore intangibile fondamentale per un’azienda: la fiducia.